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S. Freud, padre della psicoanalisi, più di un secolo fa ci ha svelato i segreti dell'inconscio, il cuore della scoperta freudiana consiste nel dare valore alla soggettività umana.
Oltre i sintomi, che causano sofferenza, e al di là di categorie psicodiagnostiche che tendono ad incatenare l’essere umano, la psicoterapia ad orientamento psicoanalitico sostiene un soggetto nella ricerca di soluzioni alternative personali, che gli consentano di modificare il proprio destino.
15/06/2017

IL PRIMO APPROCCIO DELLA PSICOANALISI ALLA QUESTIONE DELLA PSICOSI: FREUD

             
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Freud ha fondato la psicoanalisi partendo dall’analisi del fenomeno isterico (come si evince dalla lettura di opere freudiane dell’epoca ormai entrate nella storia psicoanalitica: il caso di Dora del 1901, il testo psicopatologia della vita quotidiana sempre del 1901, ecc…). Attraverso le tappe del pensiero freudiano, che dall’idea di traumi sessuali infantili realmente vissuti dalle sue giovani pazienti isteriche si è evoluto fino a valutare l’importanza della fantasia nell’insorgere del disturbo isterico, l’identificazione isterica da semplice ponte di connessione tra fantasie rimosse e sintomi isterici è diventato un vero e proprio processo simbolico( Nel caso di Dora, ad esempio,  l’identificazione inconscia della paziente con la signora K è l’ elemento simbolico grazie al quale Lacan riesce a reperire la questione del soggetto, attorno a cui ruotano tutte le sue vicessitudini, mostrandoci come attraverso l’uso del simbolico, il percorso freudiano abbia portato non solo alla scoperta dell’inconscio, ma all’intuizione che il vero soggetto, almeno per la psicoanalisi, è il soggetto dell’inconscio.)

Freud si occupò principalmente di nevrosi, anche perché era l’epoca delle grandi isterie di conversione. Sappiamo ormai, come già suggeriva Freud accostando la psicologia collettiva a quella individuale , che l’aspetto sintomatico dei disagi psichici assume forme legate alla configurazione socio-culturale del periodo storico di riferimento; al tempo di Freud, l’Altro del sociale con tutte le sue norme era fortemente presente, quindi possiamo presumere che ciò abbia portato al prevalere di sintomo nevrotici a dispetto di quelli psicotici che, seppur presenti da sempre nella storia dell’umanità, si agganciano facilmente alla carenza dell’Altro del sociale e quindi delle sue norme, tipica dei giorni nostri.

Sicuramente il testo più importante di Freud, relativamente alla questione della psicosi, è “il caso di Schreber”  del 1911, ma precedentemente aveva già trattato parzialmente l’argomento nel testo del 1894 sulle neuropsicosi di difesa .
In questo lavoro Freud tratta dei meccanismi di difesa evidenziati in due casi clinici di nevrosi (in un caso erano presenti sintomi isterici, nell’altro sintomi ossessivi), collegandoli con i meccanismi difensivi di un terzo caso di psicosi: “inoltre ho avuto l’opportunità di arrivare ad una comprensione approfondita di quella che è indubbiamente una forma di malattia mentale, e contemporaneamente ho scoperto che il punto di vista da me adottato sperimentalmente creava un legame intelligibile tra queste psicosi e le due nevrosi in discussione” ; possiamo notare come a quel tempo il padre della psicoanalisi usasse la definizione “malattia mentale” per la psicosi, accostandola e  differenziandola allo stesso tempo rispetto alla nevrosi. Più avanti nel testo, Freud riferendosi al caso di psicosi scrive: “c’è, comunque, un tipo di difesa molto più energico e di maggior successo. Qui, l’io rifiuta l’idea incompatibile insieme al suo affetto e si comporta come se l’idea non gli fosse mai pervenuta. Ma dal momento in cui questo scopo viene raggiunto il soggetto si trova in una psicosi che si può classificare come «follia allucinatoria»”  e successivamente: “E’ giustificato perciò dire che l’Io ha stornato l’idea incompatibile con una fuga nella psicosi. (…) Deve essere considerato come l’espressione di una disposizione patologica di grado piuttosto elevato….” ;

da entrambi i passaggi si evince come Freud già allora tendesse a distinguere le due forme di disagio psichico (nevrosi e psicosi), anche se ancora non in modo così netto come farà Lacan con la teoria strutturalista, infatti pur evidenziando la radicalità della difesa psicotica, Freud non accenna a nessuna differenza strutturale. E’ anche vero però che più avanti, sempre nello stesso testo Freud scrive: “E’ vero che la follia allucinatoria spesso non è compatibile con una persistenza dell’isteria, né, come regola, delle ossessioni. D’altra parte, non è raro che una psicosi di difesa si apra a tratti un varco nel decorso di una nevrosi isterica o mista.” ; in questo passaggio si parla di un possibile movimento da sintomi psicotici a sintomi nevrotici, ma non viceversa, il che anticipa la distinzione più radicale che il primo Lacan evidenzierà relativamente alle due strutture psichiche.
In seguito, nel 1896, Freud ritornò sull’ argomento in “Ulteriori osservazioni sulle neuropicosi” , confermando ancora una distinzione tra nevrosi e psicosi più legata alla sintomatologia che alla struttura del soggetto, come si evince dai seguenti passaggi relativi alla psicosi di difesa: “…il che significa che, come l’isteria e le ossessioni, essa deriva dalla rimozione di ricordi penosi e che i suoi sintomi sono determinati, nella loro forma, dal contenuto di ciò che è stato rimosso” , “La sola peculiarità (rispetto alla nevrosi) era che i pensieri che scaturivano dall’inconscio erano, per la maggior parte, uditi interiormente o allucinati dalla paziente sotto forma di voci”   e più avanti a proposito sempre del caso di psicosi: “i suoi genitori non erano nevrotici, ma il fratello e la sorella sono nevrotici come lei.” , il che dimostra come allora Freud tendesse a distinguere la nevrosi dalla psicosi su un piano puramente sintomatologico, infatti sarà solo con Lacan che le due forme di disagio psichico assumeranno una valenza di tipo strutturale.


Inoltre Freud scrive “…poiché non ho speranza di studiare la paranoia se non in casi isolati… penso sia possibile che le mie osservazioni possano incoraggiare qualche psichiatra che si trova in una posizione migliore della mia in questo campo, a dare il giusto posto al fattore di «difesa» nella discussione che riguarda la natura ed il meccanismo psichico della paranoia,…”  , quindi egli stesso sottolinea della sua difficoltà a reperire casi di psicosi, specificatamente di paranoia, considerando probabilmente la psicoanalisi più adatta alla nevrosi ed è per questo che incoraggia qualche altro psichiatra a studiare la questione, cosa che farà Lacan.
E’ interessante notare che, dopo la teoria strutturalista, l’ultimo Lacan , mettendo in questione il Nome del Padre, rispetto alle psicosi si è riavvicinato alle posizioni freudiane qui espresse, che sembrano porre la psicosi e la nevrosi su uno stesso piano, anche se con meccanismi sintomatici profondamente diversi. Ciò si evince anche dalla lettura di Lacan che ne fa Miller a proposito del seminario XXIII: “Solo i bruti pensano: nevrosi a destra, psicosi a sinistra, voglio soltanto vedere una faccia. Non bisogna avere l’idea di una classificazione in questi termini, perché non è affatto cosi.” .

   
Comunque, Freud tra i casi di nevrosi ossessiva e quelli di psicosi paranoica, pone un importante spartiacque quando scrive che l’ossessivo rivolge i sensi di colpa verso se stesso, mentre nella paranoia si trasformano in diffidenza verso gli altri , introducendo cosi il rapporto problematico con l’altro tanto sottolineato dalla clinica lacaniana nel campo delle psicosi in genere; inoltre in una nota di ulteriori osservazioni sulle neuropsicosi di difesa, Freud riporta la storia clinica e di vita del soggetto psicotico in questione, rivelando che, nonostante la possibile gestione dei sintomi, qualcosa della sua psicopatologia la accompagnerà per tutta la sua esistenza , suggerendo quindi che la psicosi non sia solo una costellazione sintomatica del soggetto, ma un suo modo di essere.